lunedì 24 maggio 2010

METATARSALGIA DA NEURINOMA DI MORTON: TRATTAMENTO OMOTOSSICOLOGICO EFFICACE SU UNA PATOLOGIA DI DIFFICILE APPROCCIO TERAPEUTICO


INTRODUZIONE

La Metatarsalgia da Neurinoma di Morton è una patologia molto conosciuta dalla classe medica.
La sede dove si manifesta il neurinoma sono i nervi interdigitali del piede, decorrono sotto e in mezzo ai metatarsi diramandosi distalmente nell'avampiede, per innervare le dita, dove compaiono nevralgia o neurinomi benigni
La formazione del neurinoma è più spesso monolaterale che non bilaterale ed è più comune nelle donne.
Viene trattata dalla medicina convenzionale attraverso intervento chirurgico, con frequenti rischi di complicanze, e terapia conservativa, ma non sono quasi mai risolutive.
Il caso che segue, dopo vari tentativi e approcci terapeutici tradizionali, è stato trattato con uso di farmaci omotossicologici con risultati quasi inaspettati sia per la paziente che per il medico stesso.



PATOGENESI E CLINICA

Il Neurinoma di Morton è una nevralgia interdigitale caratterizzata da esordio improvviso, dolore lungo uno o più nervi del piede che si irradia all'avampiede o alle dita. Il neurinoma interdigitale rappresenta un graduale, persistente, benigno ispessimento e allargamento della guaina che avvolge il nervo di uno dei nervi interdigitali del piede; è una lesione degenerativa, colpisce la III branca comune del nervo mediale plantare, di solito si localizza fra la III e la IV testa metatarsale, distalmente ad esse. Si pensa che sia l’esito finale di una neuropatia da intrappolamento; in termini istopatologici questo fibroma, terminologia più esatta da usare, si formerebbe come conseguenza delle forze di compressione e stiramento cui va incontro la fibra nervosa in soggetti predisposti.
Nelle prime fasi, i pazienti con il neurinoma possono avvertire soltanto dolore o dolorabilità dell'avampiede, soprattutto all'altezza della testa del 4o metatarso; talvolta senso di bruciore o di formicolio. I pazienti lamentano tali disturbi con tutti i tipi di scarpe e riferiscono di avvertire come una pallina, un sassolino nella punta del piede. Talvolta è possibile palpare una massa, che può essere rappresentata dal neurinoma stesso o da una cisti sinoviale associata.
Col progredire della malattia, tali sensazioni diventano più specifiche, con un bruciore costante che si irradia alla punta delle dita. Durante la deambulazione, i pazienti possono sentire la necessità di togliere le loro scarpe per avere un po' di sollievo.
Sede frequente del neurinoma interdigitale di Morton è la giunzione della terza branca del nervo plantare mediano con il nervo plantare laterale ma può essere anche tra il secondo ed il terzo dito.

DIAGNOSI E TERAPIA CONVENZIONALE

La diagnosi si fa con l'anamnesi caratteristica e con la palpazione plantare dello spazio interdigitale. Una pressione esercitata con il pollice tra le teste del 3o e 4o osso metatarsale provoca dolore nei pazienti affetti da neurinoma.
Importante fattore differenziale: nella metatarsalgia la dolenzia viene evidenziata da pressione diretta sulle teste metatarsali; nel neurinoma il dolore è scatenato da pressione tra le teste metatarsali.
Sulla superficie plantare del piede è presente dolore che aumenta camminando e diminuisce a riposo. Il dolore é "urente" e può irradiarsi alle dita adiacenti ad un interspazio, sono frequenti l'intorpidimento ed il formicolio.

L’intervento chirurgico, anche se eseguito correttamente, non è mai scevro di rischi di complicanze.
L’unica terapia conservativa, che può avere una qualche probabilità di successo, è rappresentata dal bendaggio del piede con l’apposizione di speciali cuscinetti-plantare per il sollievo della pressione plantare sul neurinoma.
Le infiltrazioni locali di Cortisonici, Anestetici e Alcool con l’intento di sclerotizzare la lesione, risultano altre possibilità di terapia conservativa, ma anche se a detta dei maggiori esperti del campo, non sono quasi mai risolutive. Perciò l’intervento chirurgico alla fine è la terapia di scelta o almeno l'esito dell'iter terapeutico del Neurinoma.

CASO CLINICO

Paziente: O.S., femmina, 60 anni
Patologia: metatarsalgia da Neurinoma di Morton



ANAMNESI

1983 – Prima operazione ( Ospedale Santa Chiara di Pisa ) per valgismo bilaterale dei piedi con introduzione di chiodi nel secondo e terzo dito del piede dx e nel secondo dito del piede sx, per allineazione all’alluce.

1993 – seconda operazione (Ospedale di Massa Marittima) per valgismo bilaterale e deformazione del secondo e terzo dito di entrambi i piedi.

2004 – Improvvisi e lancinanti dolori urenti che né riposo né antinfiammatori alleviano. Impossibilità di calzare scarpe, di sopportare il contatto con le lenzuola.
Visite ortopediche ed accertamenti diagnostici come: ecografia, risonanza magnetica, confermano la diagnosi di Neurinoma di Morton e consigliano plantari, cortisonici, cicli di bacinelle galvaniche.
Dolori attenuati, ma sempre presenti. Terapia seguita per tutto il periodo invernale e prospettiva di nuova operazione dall’esito incerto.

2005 – Perdura qualità di vita inficiata da dolore, insicurezza, depressione, frequenti influenze nel periodo estivo e svariate allergie, sempre curate con antibiotici, cortisonici ed antistaminici.
Luglio: riacutizzazione dei dolori. Altri ortopedici, stessa diagnosi, attesa di un’operazione dall’esito incerto.
Terapia : Dicloreum cpr, Clasteon fiale intramuscolo, Triacort fiale intramuscolo.
Terapia scrupolosamente seguita per due mesi, leggera modificazione del dolore sempre molto presente, non buona la reazione alla terapia, umore alterato, gonfiore, malessere, aumento di peso, fame compulsiva, palpitazioni e acufeni.

2006 – La paziente arriva alla mia osservazione.



DIAGNOSI E TERAPIA OMOTOSSICOLOGICA

Dopo diagnosi effettuata attraverso esame clinico comprensivo di osservazione, anamnesi, ispezione, palpazione, esame funzionale, esame neurologico, diagnosi differenziale sono proposte alla paziente dieta e terapia omotossicologica. Secondo la nuova Tavola dell’Omotossicosi o Tavola delle Sei Fasi, il Neurinoma può essere inquadrato nella fase di Impregnazione e/o Degenerazione.

Con l’ausilio dell’EAV Gold, efficace sistema diagnostico-terapeutico, in grado di fornire informazioni sullo stato di salute o di malattia, che codificate offrono un valido aiuto nella pratica terapeutica, viene prescritta la seguente terapia:

Lymphomyosot Heel®
Galium Heel®
Psorinoheel®
Coenzyme compositum Heel®
Comp. Reg. Guna®
Cortisone 4 CH Boiron®
Arnica compositum Heel® cpr
Anti Age Stim Guna®
INF γ 4 CH- 15 CH Guna®
IL 10 4CH – 15 CH Guna®
Melatonina 4CH Guna®
Arnica 200 CH Nelsons®
Arnica MCH Nelsons ®


Galium Heel®: Azione detossicante profonda, induzione dei sistemi enzimatici endocellulari deputati alla disattivazione, clivaggio e centrifugazione delle tossine. Drenaggio connettivale.

Lymphomyosot Heel®: Specifico per il Sistema Linfatico, drenante a spiccata azione linfagoga. Il farmaco induce un aumento del flusso linfatico che rimuove gli ostacoli a livello del deflusso della linfa (stasi, edemi, linfoangiospasmi) con canalizzazione della matrice.

Psorinoheel® N: rappresenta un farmaco fondamentale per la terapia del terreno, facilita la centrifugazione verso gli emuntori delle eredo-tossine diatesiche. Possiede un effetto desensibilizzante su base nosodica (preparato nosodico a largo spettro) indicato specialmente nelle fasi cellulari di ogni tipo.

Coenzyme compositum Heel®: nella stimolazione dei Sistemi Enzimatici bloccati dalle malattie degenerative. E’ il riattivatore dei Sistemi Enzimatici bloccati dall’impregnazione tossinica cellulare. Ha azione di rivitalizzazione cellulare attraverso lo sblocco e il restarting dei cicli metabolici deputati alla produzione di energia, su tutti il ciclo di Krebs.

Comp. Reg. Guna®: studiato per l’attivazione del Sistema del Complemento che insieme agli anticorpi, rappresenta il sistema umorale di difesa contro gli agenti infettivi. Opera un valido sostegno della funzione epatica, la regolazione della sua reattività e in particolare del drenaggio dell’organo.
Utilizzato di preferenza a sostegno delle attività immunologiche e metaboliche in condizioni di stess.

Arnica compositum Heel®: in base ai singoli componenti omeopatici in esso contenuti, il meccanismo d’azione risulta da un effetto combinato di principi vegetali e chimico-minerali. Effetto antinfiammatorie e antivirale, aumento del tono dei vasi, sostegno e miglioramento della respirazione cellulare e dei processi di ossidazione, stimolazione della cicatrizzazione, effetto analgesico ed emostatico.

Anti Age Stim Guna®: composto omeopatico che per i suoi componeti viene usato per la stimolazione immunitaria.

Interferone γ 4 CH - 15 CH Guna®: potente attivatore dei fagociti mononucleati, induce direttamente la sintesi di enzimi che mediano il “burst” respiratorio che consente ai macrofagi di uccidere i microbi fagocitati. Stimola un gran numero di tipi cellulari, amplificando la fase di riconoscimento della risposta immune. Attiva le cellule NK, ha effetti anti-proliferativi e attua un potenziamento dell’attività dei linfociti T.
Viene usato nell’attivazione rapida delle difese immunitarie, stimola le difese antivirali.

IL 10 4CH - 15 CH Guna®: inibisce la produzione di citochine da parte dei macrofagi e le funzione accessorie dei macrofagi nell’attivazione dei linfociti T. Il risultato è quello di inibire le risposte immuni infiammatorie mediate dai linfociti T. Stimola i linfociti B. Per questa attività immunosoppressiva e di regolazione della reattività dell’organismo, viene usata per la regolazione dei processi di immunotolleranza e nella modulazione del processo infiammatorio.

Melatonina 4 CH Guna®: controllo sui circuiti neuro-ormonali. Regolarizzazione dei ritmi circadiani.
RISULTATI E CONCLUSIONI

Dopo poco più di 2 mesi di terapia, i dolori ai piedi sono diminuiti, l’umore, l’ansia e lo stato depressivo sono sensibilmente migliorati. Perdura lieve indolenzimento delle estremità nelle giornate fredde e piovose.
La paziente può indossare le scarpe, i piedi si presentano meno congestionati, le dita più distese e meno reattive se toccate o sfiorate.
Gradualmente la paziente può affrontare lunghe passeggiate e si risolve del tutto il suo stato di depressione ed insicurezza.

Il protocollo omotossicologico si è dimostrato efficace su una patologia di difficile approccio terapeutico.
Le terapie convenzionali producono risultati contrastanti, non prive di effetti collaterali, rischi e quasi mai risolutive.
La seppur breve ed unicità di questo caso, dimostra che i principi guida della Medicina Omotossicologica non solo teoricamente perseguono obiettivi auspicabili, ma sono anche concretamente realizzabili.


BIBLIOGRAFIA
Abbas A. K., Lichtman A. K., Pober J. S. – Immunologia cellulare e molecolare. Ed. Piccin 1994

Bianchi I – Repertorio Omeopatico-Omotossicologico: Materia Medica Omotossicologica. Guna Editore 1993

Compendium Guna - Guna Editore 7/2005

Mandell, Douglas , Bennett's – Principles and Practice of Infectious Diseases – sixth edition

Ordinario Antihomotoxica et Materia Medica – Biologische Heilmittel Hell GmbH. 12° edizione 2004.

domenica 23 maggio 2010

SPONDILODISCITE LOMBARE TUBERCOLARE: TRATTAMENTO OMOTOSSICOLOGICO EFFICACE SU UNA PATOLOGIA DI DIFFICILE APPROCCIO TERAPEUTICO



Introduzione

Le spondilodisciti sono patologie in aumento sia in forma spontanea che post-chirurgica. Tra le forme spontanee le cause più frequenti sono quelle purulente da germi gram positivi come Staphylococcus aureus e streptococchi. In passato anche le infezioni tubercolari presentavano frequentemente una localizzazione vertebrale. Tale evenienza è subdola e difficile da diagnosticare perché oramai rara e pertanto il ritardo di diagnosi è frequente. Inoltre tale patologia richiede una terapia prolungata polifarmacologica di molti mesi per poter ottenere la guarigione.
Il caso che segue, viene descritto una spondilodiscite specifica tubercolare che dopo vari tentativi e approcci terapeutici tradizionali, è stato trattato con uso di associazione di farmaci chemioterapici e farmaci omotossicologici con risultati quasi inaspettati sia per il paziente che per il medico stesso.



Patogenesi e Clinica

La spondilodiscite tubercolare, detta anche osteomielite vertebrale o morbo di Pott, dal nome dello studioso che per primo ne diede un'esauriente descrizione, è un processo infettivo che colpisce le vertebre ed i dischi intervertebrali, a seguito della localizzazione del bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis) nella colonna vertebrale. Generalmente la propagazione avviene per via ematogena da un focolaio primario di infezione pleuropolmonare o linfoghiandolare. La malattia predilige l'infanzia e l'età giovanile. La colonna può essere colpita in tutti i suoi segmenti, ma la localizzazione più frequente sembra essere quella dorso-lombare, con interessamento generalmente di due vertebre contigue.
Nella fase iniziale, il quadro clinico è caratterizzato dalla comparsa di dolore, rigidità e contrattura muscolare nel tratto del rachide interessato, con concomitanti presenze di altri sintomi generali come, astenia, anoressia, calo ponderale e febbricola serotina. L’infezione può estendersi a tessuti vicini sia infiltrando le strutture poste anteriormente alla colonna (tipicamente il muscolo psoas) e conseguente diffusione verso il basso fino al triangolo di Scarpa, sia posteriormente comprimendo il midollo o le radici dei nervi spinali. A carico dei corpi vertebrali colpiti produce uno schiacciamento a cuneo che può determinare una cifosi o “gibbo”. Si possono avere anche delle formazioni di cosiddetti “ascessi freddi ossifluenti” che si possono estrinsecare sul piano clinico anche a notevole distanza dalla lesione vertebrale principale (triangolo di Petit o dello Scarpa a seguito di localizzazione lombare). Infine il crollo vertebrale può determinare una compressione midollare con conseguente comparsa di sintomi neurologici di vario tipo in rapporto al livello di lesione.

Diagnosi e terapia convenzionale
Elemento importante per la diagnosi sono un'attenta e scrupolosa anamnesi del paziente, come pregressi episodi tubercolari, ma spesso è utile l'esame bioptico.
Gli esami di laboratorio possono evidenziare una marcata elevazione della VES, della PCR, delle alfa2-globuline. L'attenta osservazione della modificazione di questi parametri costituisce un'importante indice per il monitoraggio dell'attività di malattia una volta instaurata la terapia specifica.
Da un punto di vista radiologico, le fasi iniziali della malattia, sono caratterizzate da osteoporosi dei corpi vertebrali lesi; in un secondo momento si evidenziano le erosioni e il restringimento dello spazio discale e infine il crollo vertebrale. Dal punto di vista radiologico l’esame più sensibile è la RMN nucleare con mezzo di contrasto paramagnetico che permette di evidenziare l’aumento di infiammazione dell’osso e del disco, visto come aumentato contenuto idrico e pertanto ipointenso nelle immagini T1 pesate e iperintenso nelle immagini T2 pesate. La somministrazione del mdc permette poi di evidenziare la captazione nella sede dell’infezione.
La medicina nucleare permette inoltre di affinare la diagnostica delle spondilodisciti e rappresenta uno strumento per il monitoraggio della terapia fino alla guarigione: la scintigrafia con globuli bianchi autologhi marcati evidenzia un deficit di captazione nei casi di infezione vertebrale, dovuto alla peculiare vascolarizzazione delle vertebre. La scintigrafia con biotina, sostanza utilizzata nel metabolismo batterico, rappresenta un esame specifico per le infezioni vertebrali: essa permette di vedere un’immagine di plus nelle infezioni vertebrali. L’intensità della captazione dipende dalla velocità del metabolismo del batterio responsabile dell’infezione. Le forme tubercolari pertanto risultano positive ma con captazione piuttosto debole: in questi casi la diagnosi è pertanto indirizzata.
La terapia medica si basa sull'impiego di combinazioni di agenti chemioterapici: isoniazide, rifampicina, etambutolo e pirazinamide, che vanno assunti per lunghi periodi, almeno 6 mesi nelle forme polmonari, anche fino a 12 mesi nelle forme di tubercolosi ossea.
La terapia chirurgica può trovare indicazione, in casi selezionati, nel trattamento delle complicanze, quali, svuotamento di ascessi freddi, correzione del gibbo, decompressione midollare.

Caso Clinico


Il Sig. B.G., 66 anni, pensionato, residente all'Isola d'Elba, dove svolge attività di piccolo artigiano muratore e insieme alla moglie di albergatore stagionale. Coniugato, 3 figli (1F + 2M), all’anamnesi fisiologica risulta che il sig. B.G. ha svolto l'attività di autotrasportatore fino all’età di 52 anni, ha sempre vissuto in campagna e zone rurali e da sempre si è dedicato all'agricoltura e all'allevamento di animali domestici.
Il padre è stato in sanatorio per tubercolosi.

All’anamnesi patologica remota ricorda le comuni malattie infantili. Il paziente ha iniziato a soffrire di lombalgia nel 2003. A giugno 2004 il paziente è stato valutato da un neurochirurgo che ha fatto effettuare RMN lombare che ha posto il dubbio di spondilodiscite L5-S1. Il paziente è stato poi valutato dallo specialista infettivologo che ha rilevato gli indici di flogosi biochimica notevolmente elevati e la intradermoreazione di Mantoux con reazione intensamente positiva. Il 9/7/2004 è stata effettuata una biopsia vertebrale che ha mostrato flogosi cronica aspecifica, esame colturale per germi comuni e miceti negativo. Empiricamente è stata intrapresa una terapia con amoxicillina-clavulanato e doxiciclina senza beneficio. Nel frattempo è stata eseguita scintigrafia con biotina risultata positiva per spondilodiscite a livello L5-S1. In data 30/8/2007 è risultato positivo l’esame colturale per M. tuberculosis con resistenza all’isoniazide. E ‘ stata pertanto intrapresa una terapia con rifampicina, etambutolo, ciprofloxacina ed amikacina. Quest’ultimo farmaco è stato assunto per trenta giorni. Dopo due mesi di terapia è comparso rash allergico, che ha reso necessario la sospensione della terapia antitubercolare. La reazione allergica è stata trattata con terapia steroidea per 10 giorni associata ad antistaminico. In seguito è stata ripresa la terapia con etambutolo, pirazinamide ed amikacina, quest’ultima per 30 gg. Durante la terapia a due farmaci il paziente ha riferito un peggioramento dei dolori lombari ed alla risonanza di controllo si è vista la comparsa di ascesso dello psoas che è stato aspirato sotto guida TC (12/6/2005). Sono stati aspirati 30 cc di pus giallo che è risultato negativo allo studio microscopico secondo Zhiel-Neelsen e positivo all’amplificazione genica per M. tuberculosis. La coltura dopo 40 gg è risultata negativa per M. tuberculosis e per germi comuni. Da giugno 2005 il paziente ha ripreso terapia a 4 farmaci per 1 mese e poi a 3 farmaci: etambutolo, pirazinamide e levofloxacina.



Diagnosi e Terapia Omotossicologica

Il paziente arriva alla mia osservazione nell'agosto 2005. Dopo la formulazione della diagnosi attraverso esame clinico comprensivo di osservazione, anamnesi, ispezione, palpazione, esame funzionale, esame neurologico, diagnosi differenziale e con l’ausilio dell’EAV Gold, efficace sistema diagnostico-terapeutico, in grado di fornire informazioni sullo stato di salute o di malattia, che codificate offrono un valido aiuto nella pratica terapeutica.



Nella stessa seduta, veniva registrata, al test di provocazione, una positività a microstimoli di Tuberculinum Avis (serie KUF) Staufen Pharma® .
Secondo la nuova Tavola dell’Omotossicosi o Tavola delle Sei Fasi, la spondilodiscite tubercolare può essere inquadrata nella fase di Impregnazione e/o Degenerazione.
Al paziente veniva proposta una prima terapia omotossicologica da associare alla terapia antitubercolare che già stava facendo.
Nella prima parte della terapia, della durata di 4 settimane, sono stati prescritti i seguenti rimedi:


Tuberculinum Avis (serie KUF) Staufen Pharma® , è stato testato col l'EAV, sul punto 1b del meridiano della Degenerazione Articolare (DA), punto di controllo di tutte le articolazioni, incluse le vertebre; sul punto ........ del Meridiano del Grosso Intestino (GI), punto di controllo del meridiano stesso che è in stretta relazione con L4 e L5 e rispettivi segmenti midollari; sul punto 8d del Vaso della Circolazione (Ci); e sul punto 11 del Meridiano della Vescica (V), punto di sommazione della colonna vertebrale, posto allo spigolo inferiore del processo trasverso della prima vertebra toracica, lateralmente alla linea mediana.



Risultati e Conclusioni

Dopo poco più di 5 mesi di terapia, il dolore alla colonna è diminuito, l’umore, l’ansia e lo stato depressivo sono sensibilmente migliorati.
Gradualmente il paziente può affrontare lunghe passeggiate e si risolve del tutto il suo stato di depressione ed insicurezza.
Il paziente ha continuato terapia antitubercolare fino a marzo 2006 quando dopo 19 mesi totali di terapia è stato considerato guarito in base alla normalizzazione degli indici di flogosi, miglioramento della RMN.

Il protocollo omotossicologico si è dimostrato efficace su una patologia di difficile approccio terapeutico.
Le terapie convenzionali producono risultati contrastanti, non prive di effetti collaterali, rischi e quasi mai risolutive.
I risultati di questo caso, dimostrano che i principi guida della Medicina Omotossicologica non solo teoricamente perseguono obiettivi auspicabili, ma sono anche concretamente realizzabili.

venerdì 21 maggio 2010

eccoci



Infezioni ossee
difficili
da trattare


B F aa 40 Dic. '03

Frattura con esplosione ossea gamba sx

Osteomielite MRSA post-traumatica gamba sx

iniziale sindrome compartimentale riduzione

osteosintesi con fissatore esterno Hoffman II


Fistola gamba: isolamento su colturale MRSA

Reazione allergica febbrile a terapia antibiotica

Per le multiple e non chiarite allergie nessuna

terapia antibiotica (per scelta del paziente)


Test EAV: coerenza per Stafilococco Aureus 10.’04

Terapia Omotossicologica:

Risoluzione 01.’05